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Olanda: un esempio virtuoso nel campo dell’agricoltura sostenibile

L’evoluzione dell’umanità e la sua stessa esistenza sono legate all’agricoltura da migliaia di anni. Dalla nostra capacità di ottenere cibo dalla terra dipende la nostra sopravvivenza. Ovviamente le cose si fanno più complicate quando non si parla di piccoli gruppi sparsi per il pianeta, ma di miliardi di persone. Quello che sappiamo con certezza è che, al momento, il nostro modo di produrre cibo non è sostenibile, perché consuma moltissime risorse e ci obbliga a disboscare enormi aree naturali per sostituirle con coltivazioni e pascoli, limitando pericolosamente la capacità dei nostri ecosistemi di produrre ossigeno e contrastare l’effetto dei gas serra. Le alternative esistono? Fortunatamente sì e sono praticabili. Un esempio virtuoso ce lo offre l’Olanda, che si è guadagnata una posizione di preminenza nel campo dell’agricoltura sostenibile, sperimentando con diverse tecniche e formati e diventando il secondo principale produttore di prodotti agricoli nel mondo dopo gli USA (con una differenza di superficie colossale che evidenzia ulteriormente la straordinaria efficienza agricola dei Paesi Bassi).

La spinta all’efficienza viene dal benessere

L’Olanda è una nazione ricca, dove la manodopera ha un costo più alto che nel resto d’Europa e anche la terra viene venduta a prezzi più alti. Questo vuol dire che un’azienda agricola media, per trarre profitto dalla propria attività, ha bisogno di raggiungere livelli di efficienza non comuni, riducendo gli sprechi. Molte piccole aziende hanno scelto per esempio di utilizzare sistemi idroponici – che consumano molta meno acqua delle colture tradizionali – ed energia geotermica, per ottimizzare la produzione senza rinunciare alla sostenibilità. La particolarità della grande efficienza e della vastissima produzione olandese, infatti, consiste proprio nel fatto di essere ripartita soprattutto fra piccole aziende che puntano sulla qualità, piuttosto che su pochi colossi. Sistemi come quello idroponico puntano sull’efficienza, coltivando non nella terra ma in piccoli sacchi di substrato di lana di roccia, che si ottiene fondendo la roccia basaltica e filandola in fibre sottili. Questo substrato contiene sostanza nutritive e permette alle piante di assorbire l’acqua di cui anno bisogno anche se il livello di umidità è molto basso, riducendo così notevolmente la necessità di irrigare. Se a questo si abbina la scelta di riscaldare le serre in modo sostenibile, con pannelli solari o energia geotermica, si ottengono coltivazioni dalla resa altissima, ma dall’impatto ambientale minimo e concentrate in uno spazio molto più piccolo rispetto a quelle tradizionali. Infine, l’impiego di luci led a basso consumo permette alle piante di continuare a crescere durante la notte, arrivando prima alla maturazione, ma con un processo perfettamente naturale. Diventa espositore per il settore energia

Niente pesticidi per far bene a noi e all’ambiente

I pesticidi, si sa, non fanno bene alla salute. Nello specifico, sono pericolosi per chi li maneggia, possono lasciare tracce dannose per chi consuma i prodotti finali e, naturalmente, danneggiano gli ecosistemi e la qualità dell’aria nelle zone in cui vengono utilizzati. Ma non è tutto qui: per spargerli si generano moltissime emissioni nelle fasi di produzione, stoccaggio, trasporto e infine distribuzione delle sostanze stesse. Tutti questi passaggi si possono eliminare dal processo agricolo costruendo serre più efficienti, con doppi tetti di vetro per conservare il calore e proteggere dagli agenti esterni e dai parassiti.

Agricoltura di precisione vs agricoltura intensiva

Il principio è abbastanza intuitivo: se si riesce a raddoppiare o addirittura triplicare la resa per metro quadro di uno spazio agricolo (nel caso delle colture idroponiche risulta quasi superfluo parlare di “terreno”), si riducono i costi e si evita di danneggiare la biodiversità indispensabile alla vita sul nostro pianeta. Naturalmente, per quanto palese sia la superiorità di queste tecniche rispetto alle tradizionali, la loro adozione non è immediata e massiccia come si potrebbe sperare. Ci sono infatti in gioco molti grandi interessi e, spesso, per una grande azienda multinazionale risulta più complesso e costoso riconvertire interamente la propria produzione, piuttosto che continuare a espandersi utilizzando le tecniche familiari e acquisendo semplicemente nuovi spazi, a scapito delle comunità locali e delle aree naturali. Per questo l’esempio olandese ci presenta una delle sfide più importanti del prossimo decennio: scegliere la strada dell’efficienza e della sostenibilità su scala nazionale e poi globale.  

Published on 07-12-2020

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